La Chiesa Nel Rinascimento

Andrea Mantegna

 

                 

Presentazione al tempio

1454/1455, Staatliche Museen, Berlino

Datata agli anni Cinquanta del secolo per l’utilizzo della cornice marmorea, che collega il dipinto ad altre opere contemporanee del Mantegna, la tela di Berlino concentra l’azione narrata in primissimo piano, su un unitario fondo scuro. I personaggi sono infatti ritratti a mezzobusto, come in alcune lastre tombali romane, e si appoggiano alla finta finestra marmorea. I due personaggi alle estremità della composizione, che guardano sulla sinistra senza prestare attenzione all’azione sacra, sono stati identificati con lo stesso Mantegna e sua moglie Nicolosia Bellini, figlia di Jacopo, che il pittore sposò tra il 1452 e il 1453. La presenza dei due ritratti, suggerisce che il dipinto, destinato a una raccolta privata, sia da mettere in relazione a uno specifico avvenimento, probabilmente la nascita del primogenito della coppia, avvenuta proprio tra il 1454 e il 1455.

 

Pala di San Zeno

1457/1460, Basilica di San Zeno, altare maggiore, Verona

L’opera è l’unico dipinto mobile del pittore ancora conservato nella sua collocazione originaria, benché privo delle predelle. Nel 1797 la pala fu infatti requisita dai commissari francesi per essere trasportata a Parigi, dove i pannelli vennero smembrati. Le predelle non furono mai restituite e furono divise tra il Louvre (Crocifissione) e il Museo di Tours (Orazione nell’Orto e Resurrezione), mentre quelle attualmente visibili sono copie ottocentesche eseguite dal pittore Paolo Caliari. Commissionata dall’abate Gregorio Correr per la chiesa di San Zeno a Verona, la pala mostra al centro la Vergine in trono, raffigurata secondo l’iconografia bizantina della Madonna Vittoriosa, e circondata da angeli cantori. Otto santi si dispongono simmetricamente ai lati della composizione, riflettendo le preferenze devozionali del committente e la sua predilezione per la lettura dei testi sacri: a sinistra sono Pietro, Paolo, Giovanni evangelista e Zeno; a destra, Benedetto, Lorenzo, Gregorio e Giovanni Battista. L’intera composizione è densa di richiami all’antichità, a partire dal fregio con i putti reggighirlanda, o dal trono concepito come un sarcofago. La cornice, probabilmente disegnata dallo stesso Mantegna, è ancora quella originale, e rappresenta un capitolo fondamentale nell’evoluzione spaziale della pala d’altare, consentendo al pittore il superamento della divisione in scomparti.
 

 

Morte della Vergine

1462/1464, Museo del Prado, Madrid

Mantegna raffigura l’estremo momento di Maria all’interno di uno spazio definito da architetture classicheggianti, con una pavimentazione a riquadri perfettamente scorciata che conduce all’elemento orizzontale della Vergine distesa. Al di là della scena sacra, si apre un paesaggio lacustre che riproduce con esattezza il ponte e il borgo del Castello di San Giorgio a Mantova. Infatti l’opera faceva probabilmente parte della decorazione della cappella del Castello, insieme a tre tavole oggi conservate al Museo degli Uffizi di Firenze, l’Adorazione dei magi, l’Ascensione di Cristo e la Circoncisione. L’incompletezza dei pilastri dell’arco che sovrasta il corpo della Vergine ha fatto ipotizzare un’estensione molto più vasta della tavola, tagliata in un momento imprecisato. Alla composizione apparteneva probabilmente il frammento raffigurante Cristo con l’animula della Madonna (Ferrara, Pinacoteca nazionale), scena che tradizionalmente accompagna le raffigurazioni della Morte della Vergine.


 

Circoncisione

1462/1464, Galleria degli Uffizi, Firenze

La tavola è stata riunita in un trittico, il cosiddetto Trittico degli Uffizi solo nel 1827, insieme all’Ascensione e all’Adorazione dei magi. Le tavole giunsero nella collezione medicea intorno al 1588 dalla raccolta Gonzaga. Si tratta probabilmente della prima importante commissione di Mantegna per Ludovico Gonzaga, la decorazione della cappella del Castello di San Giorgio a Mantova, cui apparteneva anche la tavola raffigurante la Morte della Vergine (Madrid, Museo del Prado). La tavola riunisce i due temi, che nella realtà si svolsero in momenti diversi, della Circoncisione e della Presentazione al Tempio. La cappella del Castello di San Giorgio fu smantellata già nella seconda metà del XVI secolo, in occasione della costruzione della nuova cappella nel 1563.
 

 

Ascensione

1462/1464, Galleria degli Uffizi, Firenze

La tavola è stata riunita in un trittico, il cosiddetto Trittico degli Uffizi solo nel 1827, insieme alla Circoncisione e all’Adorazione dei magi. Le tavole giunsero nella collezione medicea intorno al 1588 dalla raccolta Gonzaga. Si tratta probabilmente della prima importante commissione di Mantegna per Ludovico Gonzaga, la decorazione della cappella del Castello di San Giorgio a Mantova, cui apparteneva anche la tavola raffigurante la Morte della Vergine (Madrid, Museo del Prado). In questa tavola Cristo ascende in cielo su una nube, circondato da una schiera di cherubini, alla presenza della Vergine e dei dodici apostoli. La cappella del Castello di San Giorgio fu smantellata già nella seconda metà del XVI secolo, in occasione della costruzione della nuova cappella nel 1563.

 

 

Adorazione dei Magi

1462, Galleria degli Uffizi, Firenze

La tavola è stata riunita in un trittico, il cosiddetto Trittico degli Uffizi solo nel 1827, insieme all’Ascensione e alla Circoncisione. Le tavole giunsero nella collezione medicea solo intorno al 1588 dalla raccolta Gonzaga. Si tratta probabilmente della prima importante commissione di Mantegna per Ludovico Gonzaga, la decorazione della cappella del Castello di San Giorgio a Mantova, cui apparteneva anche la tavola raffigurante la Morte della Vergine (Madrid, Museo del Prado). Il pannello con l’Adorazione dei magi si differenzia dagli altri due per la forma concava del supporto e per le dimensioni, dato che ha fatto ipotizzare la sua presenza nell’abside della cappella. Il corteo dei magi si snoda lungo un sentiero che sembra tagliato nella roccia, e raffigura il riconoscimento della divinità di Cristo da parte dei re delle genti. Nella grotta, la Vergine appare circondata da una mandorla di cherubini, secondo un modello bizantino, che sottolinea l’interesse di Mantegna e dell’ambiente padano-veneto per la cultura greco-bizantina. La cappella del Castello di San Giorgio fu smantellata già nella seconda metà del XVI secolo, in occasione della costruzione della nuova cappella nel 1563.
 

 

San Sebastiano

1480/1485, Museo del Louvre, Parigi

Il martirio del santo è rappresentato da un punto di vista ribassato, per conferire maggiore monumentalità alla figura nuda, legata al rudere di una colonna scanalata dipinta con minuto descrittivismo. Ai piedi del santo appaiono altri frammenti antichi, tra cui un piede di marmo, mentre nel fondo appaiono edifici sia antichi che moderni. I due arcieri in basso a destra, tagliati ai bordi della tela, così come i dolenti del Cristo morto di Brera, sono trattati con crudo realismo. Tra fine Sei e inizio Settecento il dipinto è ricordato nella Sainte Chapelle di Aigueperse in Auvergne, fondata nel 1475 da Luigi I di Borbone, e la sua presenza in Francia va fatta risalire al matrimonio di Chiara Gonzaga con Gilbert de Bourbon, delfino d’Auvergne, avvenuto nel 1481.

 

 

Sansone e Dalila
1495, National Gallery, Londra

Il dipinto è stato messo in relazione con la Giuditta della National Gallery di Dublino, per analogie nella tecnica esecutiva e nel tema moralizzante. La presente tela si contrapporrebbe all’esempio positivo dell’eroina biblica del dipinto di Dublino. Sull’albero appare l’iscrizione «FOEMINA/DIABOLO TRIBVS/ASSIBVS EST/MALA PEIOR», che invita a diffidare della donna malvagia, ben peggiore del demonio. Dalila era infatti la donna filistea corrotta dal suo popolo per farsi rivelare il segreto della mitica forza di Sansone, che risiedeva nei suoi capelli. Ella è così ritratta mentre taglia la chioma dell’israelita. La tela appartiene alla tarda attività dell’artista.
 

 

Madonna della Vittoria

1496, Museo del Louvre, Parigi

Il dipinto fu commissionato da Francesco Gonzaga per commemorare la vittoria nella battaglia di Fornivo, e fu prelevato dai commissari francesi dalla chiesa mantovana di Santa Maria della Vittoria nel 1797 per essere trasportato a Parigi, da dove non ha fatto più ritorno. Al centro della composizione appare la Vergine in trono, sul cui basamento compaiono alcune scene tratte dalla Genesi, in finto bronzo dorato. Il gesto benedicente di Maria verso Francesco Gonzaga, che appare abbigliato dell’armatura con cui aveva vinto la battaglia, rimanda alla Pala di San Cassiano di Antonello da Messina. A sinistra del trono, invece del ritratto di Isabella, moglie di Francesco Gonzaga, appare la sua santa protettrice, santa Elisabetta con suo figlio Giovanni Battista. Ai lati del trono, i santi guerrieri Michele e Giorgio sollevano il manto di Maria, in allusione all’iconografia della Madonna della Misericordia, mentre, sullo sfondo, i santi Andrea e Longino, di cui si scorgono solo i volti, schiudono la composizione. La pergola con struttura ad abside semicircolare che lascia intravedere il cielo, impreziosita da corallo e agrumi, sarà ripresa dal Correggio nella Camera di San Paolo a Parma.

 

 

Parnaso

1497, Museo del Louvre, Parigi

Di ritorno a Mantova da Roma, dove aveva passato due anni al servizio di Innocenzo VIII, Mantegna collabora alla decorazione dello studiolo che la giovane moglie di Francesco Gonzaga, Isabella d’Este, stava progettando nel castello di San Giorgio già dal 1491. Il dipinto di Mantegna, terminato nel 1497, fu il primo a essere collocato nello studiolo, cui si aggiunsero più tardi il Trionfo della Virtù, sempre di Mantegna, la Lotta di Amore e Castità, del Perugino, l’Allegoria di Isabella d’Este di Lorenzo Costa e Il mito del dio Como, commissionato al Mantegna ma eseguito dopo la sua morte dal Costa. Le due opere di Mantegna furono cedute tra il 1627 e il 1629 al cardinale Richelieu per il suo castello di Poitou, da dove furono prelevate nel 1800 per il Musée Napoleon di Parigi. Il Parnaso, le cui interpretazioni simboliche sono molteplici, mostra al centro, su di un arco roccioso, Marte e Venere abbracciati davanti a un letto, mentre Cupido colpisce con una cerbottana il legittimo consorte della dea, Vulcano, rappresentato nella sua fucina. A destra appare Mercurio con Pegaso, il cavallo alato, mentre le nove Muse danzano alla musica della lira di Apollo. Il dipinto esalta chiaramente gli ideali di Isabella, tesa a coltivare e promuovere le arti liberali.
 

 

Madonna Trivulzio

1497, Civico Museo d’Arte Antica, Castello Sforzesco, Milano

La mandorla con cherubini che circonda la Vergine col bambino allude all’iconografia dell’Assunzione, evento miracoloso cui presenziano, quasi a formare delle quinte teatrali, i santi Giovanni Battista e Gerolamo, e Gregorio Magno e Benedetto, circondati da due alberi di agrumi. Le due figure in primo piano sono dipinte secondo una prospettiva che presuppone una visione di sotto in su. In basso al centro si scorgono i busti di tre angeli cantori attorno a un organo, che allude alla chiesa olivetana di Santa Maria in Organo a Verona, per la quale la tela fu eseguita, mentre l’attuale nome della pala si deve al suo passaggio nella collezione milanese Trivulzio, dove rimase dal 1791 al 1935, anno in cui entrò nel museo milanese.


 

Trionfo della Virtù

1502, Museo del Louvre, Parigi

La tela è il secondo dipinto eseguito da Mantegna per lo studiolo di Isabella d’Este, dopo il Parnaso del 1497. All’interno di un hortus conclusus appare una palude dove allignano i Vizi, raffigurati come esseri deformi, chiaramente identificabili dai cartigli, secondo un uso didascalico medievale. Tra questi appaiono l’Ozio, privo di braccia, trascinato da Minerva, una figura scimmiesca definita dal cartiglio l’”Odio immortale, frode e malizia”, l’Avarizia e l’Ingratitudine che trasportano l’Ignoranza incoronata. Al centro appare Diana, dea della castità, rappresentata secondo un modello classico, che sta per essere rapita da un centauro, simbolo di concupiscenza. In aiuto della dea accorre Minerva, dea della saggezza, accanto alla quale compare un albero con sembianze femminili. Nel cielo, in una nube, appaiono le Virtù cardinali: la Giustizia, la Fortezza e la Temperanza.
 

Davide e Golia

1495/1500, Kunsthistorisches Museum, Vienna

Le opere realizzate dalla bottega del Mantegna con la tecnica della grisaille testimoniano la passione antiquaria del maestro, attento estimatore della statuaria romana. Nel Davide e Golia, una composizione monocroma sui toni del grigio si staglia con straordinario effetto volumetrico sul fondo marmorizzato, imitando illusionisticamente l'arte del bassorilievo. Destinata principalmente alla decorazione d'interni, la tecnica della grisaille conobbe notevole fortuna soprattutto nel tardo Rinascimento: in consonanza con il clima intellettuale dell'epoca, essa offriva infatti un'applicazione del concetto di arte come imitazione dell'arte (in questo caso della scultura), che andava sostituendosi a quello tradizionale di arte come rappresentazione della natura (cioè della realtà).