Concilio di Trento

 

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INTRODUZIONE

 

 

Concilio di Trento XIX concilio ecumenico della Chiesa cattolica, che, in reazione alla Riforma protestante, deliberò una riforma generale del corpo ecclesiastico e ridefinì i dogmi. I decreti conciliari ratificati da papa Pio IV il 26 gennaio del 1564 costituirono il modello della dottrina di fede e della pratica della Chiesa cattolica fino alla metà del XX secolo.

Benché fin dal tardo XV secolo la convocazione di un concilio fosse stata sollecitata da più parti, sia all'interno sia all'esterno della Chiesa, in particolare da Martin Lutero nel 1520, l'idea di un nuovo concilio trovò riluttante papa Clemente VII, che temeva di avallare indirettamente il principio secondo cui al concilio – e non al papato – sarebbe spettata l'autorità suprema della Chiesa (vedi Conciliarismo). Inoltre, le difficoltà politiche che il luteranesimo aveva creato all'imperatore Carlo V fecero sì che gli altri sovrani europei, specialmente Francesco I di Francia, evitassero qualsiasi provvedimento che potesse rafforzare o favorire l'imperatore.

Fu papa Paolo III che nel 1542 convocò il concilio; tuttavia esso si aprì a Trento solo il 13 dicembre 1545, articolandosi in tre sessioni.

 

 

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PRIMA SESSIONE

 

 

Risolte le questioni procedurali, l'assemblea si rivolse alle fondamentali problematiche dottrinali sollevate dai protestanti. Uno dei primi decreti affermò che la Scrittura doveva essere interpretata secondo la tradizione dei padri della Chiesa: un rifiuto implicito del principio protestante della "sola Bibbia". Il lungo e complesso decreto riguardante la giustificazione condannava il pelagianesimo detestato da Lutero, ma tentava contemporaneamente di conferire un ruolo alla libertà umana nel processo di salvezza. Questa sessione affrontò inoltre questioni disciplinari, come l'obbligo dei vescovi di risiedere nelle loro diocesi.

 

 

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SECONDA SESSIONE

 

 

Dopo un'interruzione provocata da una profonda incomprensione di natura politica tra Paolo III e Carlo V, la seconda sessione del concilio, convocato nuovamente dal neoeletto papa Giulio III, rivolse la sua attenzione soprattutto ai sacramenti. La sessione, alla quale parteciparono alcuni luterani, fu boicottata dai rappresentanti francesi.

 

 

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TERZA SESSIONE

 

 

La terza sessione del concilio dibatté prevalentemente questioni disciplinari, in particolare il problema irrisolto della residenza episcopale, da molti considerata la chiave di volta della riforma ecclesiastica. Nel 1564 Pio IV proclamò la professione di fede tridentina (da Tridentum, l'antico nome romano di Trento) che sintetizzava le decisioni dell'assemblea in materia dottrinale. Tuttavia il concilio non affrontò mai una discussione riguardante il ruolo del papato nella Chiesa, questione sollevata ripetutamente dai protestanti. Tra i teologi che parteciparono al concilio, si ricordano in particolare Girolamo Seripando, Reginald Pole, Diego Lainez, Melchior Cano e Domingo De Soto.

 

 

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SIGNIFICATO

 

 

Oltre a risolvere questioni dottrinali e disciplinari di grande rilievo per i cattolici, il concilio diede alle autorità ecclesiastiche la percezione di una coesione e di una prospettiva unitaria essenziali per la nuova vitalità della Chiesa durante la Controriforma; alcuni storici moderni gli attribuiscono tuttavia minore importanza per il processo di rinascita cattolica rispetto ad altri fenomeni di rinnovamento più spontanei. Nondimeno, l'utilizzo dell'espressione "età tridentina" per definire l'epoca della storia della Chiesa cattolica dalla metà del XVI secolo fino al concilio vaticano II riflette l'influenza decisiva delle decisioni tridentine sul cattolicesimo moderno.

 

 

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